mercoledì 25 settembre 2013

Rosso eat-drink-stay. Facciamo rosato va.

Devo dire che ultimamente faccio proprio schifo nello scegliere i ristoranti... so sfigata come la poltrona di Giuliano Ferrara.
È da un po' di tempo che ogni volta che mi alzo da tavola sono sempre insoddisfatta.
E stavolta chi mi ha lasciata perplessa è il nonsocosasiadipreciso Rosso eat-drink-stay (qualcos'altro? No dico, aggiungici anche, che so, bathroom-garden-loft, tanto pe sta sicuri). Comunque, Rosso è un ristorante? Ni. È un winebar? Anche.
Diciamo che è un grande locale dove ti sfamano dalla mattina alla sera. Lo stile è un mix di colori, di stoffe, tessuti e di materiali che in confronto Cavalli è uno stilista sobrio e Missoni il re del monocromatico.



giovedì 19 settembre 2013

Osteria Palmira. Alla ricerca del guanciale perduto.

Ma toh... un'altra osteria nata nel quartier generale dei pensionati...Monteverde. Evidentemente si vuole dare una vera botta di vita a questa circoscrizione, che si sa che appena cala il sole per strada incontri solo uomini stanchi trascinati a casa dai loro cani e balle di fieno trasportate dal vento. Un posto dove a farti compagnia c'è solo il tuo eco. Sarebbe una bella idea se fossero delle vere osterie e non degli ibridi... non bastano mica dei tavolini di legno e le pareti begioline a fare di un locale un'osteria con o senza acca. Suvvia ristoratori, un po' di creatività nello scegliere a quale categoria appartenere non guasterebbe. Perché così io mi sento presa in giro, soprattutto se mangio sciapo e pago come se andassi in un ristorante. E purtroppo osteria Palmira mi ha delusa come le ultime collezioni di mutande maschili di Intimissimi (uomini vi prego ribellatevi che sono tremende e tamarre).

venerdì 13 settembre 2013

Osteria degli Amici. Piuttosto dei conoscenti.

Perché, diciamocelo pure, il nome che dai al locale è stra importante, c'è gente che sceglie il fidanzato in base a come si chiama, figuriamoci se non va a cena fuori senza considerare i nomi dei ristoranti. Cioè, non ti puoi mica chiamare "Ristorante La Strappona" e sperare che vengano a mangiare da te le coppie per i loro anniversari.
Eh su, è l'ABC dell'attira-clienti.
Così, se vado all'Osteria degli Amici, non dico che dobbiamo pogare insieme e prenderci a spallate, ma mi aspetto convivialità, grandi sorrisi e battute (soprattutto se sono io ad iniziare a farle).
Uh, sì sì...come no... ho visto più sorrisi in faccia a Victoria Beckham che sul viso del proprietario.
A parte il suo stato d'animo (forse ancora traumatizzato dal rientro post vacanze, visto che appena entrata ho parlato con uno che fissava il computer inebetito), il locale è caruccio, semplice, intimo e silenzioso. Adatto a chi ama la tranquillità e a chi je piace andare a cena fuori pe' guardasse negli occhi.

lunedì 9 settembre 2013

Taverna Portuense. Bona che manco mi nonna.

In una landa desolata di sera e brulicante di giorno, habitat naturale di vigili urbani dalle grandi mani callose, a metà strada tra la città e la campagna, sorge questa piccola e genuina trattoria. Sì, sì, avete letto bene, ho scritto proprio trat.to.ri.a.
Non un'osteria, bistrot, bacherie, ristochic, etc., in cui gli chef si lodano e si sbrodolano con i loro adesivi colorati da appiccicare con orgoglio ai vetri della porta, ma una tradizionale trattoria. Ecco, ora prendete dei sacchetti di carta, quelli del pane vanno bene, portateli alla bocca e fate dei bei respironi profondi, che lo so che voi state alle trattorie come Buddy sta alla cucina italiana e che pensate che oggigiorno le trattorie sono così demodè e out. Ma porca miseria, qui mica siamo al gamberoslowmicheloso ad intarsiare i cocomeri eh, qua si parla di magnà pe davvero.
Quindi levatevi quell'aria da gastrofighetti snob, sostituite i tacchi con le cioce, attaccatevi il bavagliolo alla camicia che non voglio avere i conti della tintoria e preparate la salivazione che qui si mangia e si chiacchera.


La trattoria.

giovedì 5 settembre 2013

Ristorante Dolce. 'Na pacchia per i dentisti.

Sono stata in questo ristorante/pizzeria/hamburgheseria/biscottificio/pasticceria/fighetteria/sìmaquellac'haletetterifatte, diverse volte e devo dire che ne sono sempre uscita entusiasta. Lo so, ora che ho scritto questo i palati più sopraffini grideranno all'orrore e penseranno che c'ho le papille bruciate. Ma io, convinta come Jennifer Lopez quando disse di avere un bel culo tanto da farselo assicurare, lo ribadisco: a me Dolce piace.
Il locale è schifosamente bello, grande, su due piani con tavoli anche all'aperto per le belle stagioni e per chi crede che il freddo sia meglio del botulino per la propria faccia. Lo stile è tra una Parigi anni '20 e un vintage duro a morire, che prima si diceva vecchio e arruzinito, ma ora è vintage... ignorante che sono.
Comunque, il ristorante è praticamente perfetto per ogni ora del giorno e della sera, dal tè pomeridiano passando per la cena e concludendosi con un buon dopo cena.
Il menù è diverso dal solito, infatti la prima pagina è tutta per i dolci americani e non, che vengono preparati sul momento. E proprio per questo hanno una cucina a vista al pian terreno dedicata alla preparazione solo dei dessert.

martedì 3 settembre 2013

Pizzeria Fermentum. Straziami, ma di fritti saziami.

All'interno del Parco degli Acquedotti (per chi non fosse di Roma o non conoscesse l'esistenza di questo parco "perchè io bazzico solo villa Borghese o al massimo villa Ada quando non mi vede nessuno", ci troviamo in zona tuscolana), mi imbatto in una piccola casetta di legno, una specie di prefabbricato alla "Extreme makeover home edition" , con la differenza che invece di urlare tra le lacrime "sposta quel bus", qua ti viene da gridare euforicamente a pugni alzati: "portame da magnà!" Così, famelica come una vecchia ai buffet dei matrimoni, mi sono fiondata dentro. Ma il mio entusiasmo si è spento subito, proprio nel momento in cui il mio pollicione ha varcato la soglia... camerieri che ti ignorano completamente, (sarei potuta entrare in mutande e per giunta ruttando che loro non avrebbero battuto ciglio, sembravano i fantasmini di pac man che vagavano per i tavoli senza una meta precisa). E poi l'arredo, semplice (che va anche bene), ma i tavolini che si trovano nell'area all'aperto, sul brecciolino, vanno cambiati porca pupazza, hanno delle sedie tremende, basse e scomodissime... Per intenderci quel genere di sedie in acciaio che, dopo pochi minuti che accolgono le tue adorate chiappe, ti tatuano sulle natiche profonde strisce trasversali. E puoi indossare anche pantaloni di flanella spessi quattro centimetri, non ci son cazzi, una volta che ti alzi hai sempre la netta convinzione di esserti giocata l'osso sacro.